Estinzione: sempre più animali a rischio sul nostro Pianeta

2022-10-22 21:03:08 By : Mr. Eason Guan

L’Orso bruno marsicano, il lupo, la lince e il cervo italico, solo per citarne alcuni. Lo sapete che questi animali in Italia sono a un passo dall’estinzione? E che il rinoceronte bianco settentrionale africano è già stato dichiarato estinto nel 2018, quando è morto l’ultimo esemplare in vita, detenuto in cattività? In dieci anni si sono estinte almeno 160 specie. A fare il punto della situazione è il report del Wwf “Estinzioni: non mandiamo il pianeta in rosso”. Negli ultimi 50 anni il nostro Paese, scrigno unico delle biodiversità in Europa, ha subito ingenti perdite in termini di patrimonio naturale. Basti pensare che il 50% delle specie di vertebrati presenti in Italia è a rischio scomparsa e l’86% degli habitat è in uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole. Senza dimenticare che ogni giorno la penisola perde 16 ettari di suolo fertile, trasformato da cemento e asfalto.

Secondo il report IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) il quadro sulla perdita di natura in atto nel nostro Pianeta è allarmante con un’estinzione delle specie sempre più veloce. Il 75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello marino sono stati modificati in modo significativo con ripercussioni non indifferenti sulla fauna. Più di un terzo della superficie terrestre e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono ora destinate alla produzione di colture o bestiame e circa un milione di specie animali e vegetali, come mai si era verificato prima, rischiano l’estinzione con un tasso mille volte superiore a quello naturale. Il 68% delle popolazioni monitorate di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci hanno subito un declino tra il 1970 e il 2016. A causare questo rischio vi sono molteplici cause ma su tutte prevale l’azione dell’uomo che, a partire dalla rivoluzione industriale, ha dato il via a una progressiva e sempre più intensa trasformazione dei suoli e la conseguente distruzione degli ecosistemi.

La perdita di biodiversità causata dall’uomo e dalle sue attività assieme ai cambiamenti climatici tende ad avere effetti di lunga durata e spesso permanente sugli ecosistemi. Secondo gli studiosi, circa il 25% delle 93.579 specie per le quali è stato valutato lo status di conservazione sono attualmente minacciate di estinzione globale. Tra queste, il 41% delle specie di Anfibi, il 13% delle specie di Uccelli, il 7% delle specie di pesci ossei, il 25% delle specie di Mammiferi e il 19%  di quelle dei Rettili. E la situazione non è migliore per le piante. A rischio sono il 36% delle Dicotiledoni, il 17% delle Monocotiledoni, il 40% delle Gimnosperme (Conifere e altri gruppi) e il 16% delle Pteridofite (Felci). Ancora peggiore la situazione nelle zone umide, in cui si stima abbiamo perso circa l’87% dal 1700 ad oggi.

Tra le specie dichiarate estinte negli ultimi anni il primo mammifero vittima dei cambiamenti climatici è il Melomys rubicola, un roditore endemico dell’isola corallina Bramble Cay, tra l’Australia e la Nuova Guinea. Il piccolo marsupiale australiano Bettongia del deserto non è stato più osservato in natura dal 1933. Si crede che il declino sia legato all’introduzione di specie aliene invasive. Il pipistrello dell’isola di Natale, nell’oceano Indiano, è stato dichiarato estinto nel 2017. Anche l’Akialoa stejnegeri, un uccello delle isole Hawaii è stato osservato per l’ultima volta nel 1969 e dichiarato estinto nel 2016.

Un epilogo simile potrebbe purtroppo ripetersi per molte altre specie. I fattori che stanno progressivamente mettendole a rischio sono vari e molti di questi assumono un’importanza a livello globale. Sono la deforestazione, il cambiamento climatico, il bracconaggio, gli incendi, l’utilizzo di pesticidi, l’inquinamento da plastica. Per ciascuna di queste cause vi sono specie che rischiamo di perdere. Per fare alcuni esempi, a causa della distruzione dell’habitat sono in pericolo estinzione le tre specie di orango che vivono in Indonesia: l’orango di Sumatra, quello del Borneo e di Tapanuli. In Australia orientale è in declino il koala decimato dalla perdita di habitat, dalla diffusione di malattie e da eventi climatici estremi che,negli ultimi anni,  hanno causato periodi di siccità e incendi. Tra le specie minacciate dagli effetti del cambiamento climatico c’è il leopardo delle nevi, felino che vive a oltre 3.000 metri di quota in Asia centrale. Oggi sul pianeta ne restano meno di 7.000.

In Italia, invece, con l’innalzamento delle temperature medie, l’anticipo della stagione vegetativa nelle aree montane dove vivono e l’impoverimento di proprietà nutritive delle praterie, sono in pericolo gli stambecchi (capra ibex). I piccoli infatti non trovano il foraggio adatto alla loro nutrizione nel momento critico dello svezzamento. Basti pensare che nel Parco nazionale del Gran Paradiso, dove si concentra maggiormente la loro distribuzione, la sopravvivenza nel primo anno di vita è scesa dal 50% negli anni ’80 al 25% di oggi.

Ad avvicinare diverse specie all’estinzione vi sono anche le uccisioni volontarie da parte dell’uomo, legali e illegali. Il bracconaggio ogni anno uccide migliaia di animali, appartenenti anche a specie protette. Uno di queste è la tigre, fortemente minacciata dalle uccisioni illegali. In natura ne rimangono circa 3.900, distribuite nelle foreste che si estendono tra l’India e la Cina sudorientale e dall’estremo oriente russo al Sud-Est asiatico. Altre specie colpite dal bracconaggio sono l’elefante di savana e quello di foresta che dal 2021 sono entrati nella lista a più alto rischio di estinzione nel breve-medio termine. Si stima che il bracconaggio uccida ogni anno circa 27.000 elefanti africani a causa del commercio illegale di avorio. E ancora il rinoceronte, simbolo della natura africana e asiatica. Oggi ne sopravvivono in natura 5 specie: in Africa quello bianco e quello nero; in Asia altre tre. In totale però, tra Africa e Asia, attualmente ne sopravvivono meno di 30.000.

La plastica in acqua è oggi una delle minacce più concrete per gli ecosistemi marini e per le specie che li abitano. Un recente rapporto dell’Università di Padova (Veneto) indica che l’84% dei capodogli spiaggiati tra il 2008 e il 2019 aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica che, anche se non uccide immediatamente, porta a debilitare l’organismo alterando la funzionalità intestinale. Lo stesso impatto si ha per le tartarughe marine Caretta caretta. E ancora l’uso di pesticidi è un serio pericolo per lo status di conservazione delle api e molti altri insetti impollinatori (comprese diverse farfalle) minacciando l’impollinazione degli ecosistemi naturali e agricoli.

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