Matteo Bianchi ci porta nel mondo della velocità pura - bici.PRO

2022-10-22 21:03:56 By : Mr. Jason Chen

Non sarà ancora al livello di Harrie Lavreysen, ma Matteo Bianchi sta crescendo davvero bene. E’ il nostro miglior velocista per la pista. E’ stato quinto ai recenti mondiali sul parquet in Francia nella specialità del chilometro da fermo e quest’anno ha infranto il fatidico muro del minuto: 59”661 il suo tempo.

Bianchi veste i colori dell’Esercito e anche della Campana Imballaggi Geo&Tex, squadra diretta da Alessandro Coden, un ex della velocità su pista e vero appassionato.

«E infatti dico subito – attacca Matteo – che vorrei ringraziare tutti loro e anche la nazionale, Villa e Quaranta, che mi seguono e mi aiutano in questo percorso. In Italia di velocisti siamo pochi, è vero, ma stiamo crescendo e piano, piano anche noi stiamo diventando un bel gruppo».

In Italia abbiamo perso l’abitudine di seguire la velocità su pista e per questo a Matteo chiediamo di accompagnarci nella vita del velocista.

In effetti ci sono un bel po’ di differenze a partire dall’allenamento in generale e dai programmi specifici. Di certo noi velocisti non facciamo le 5 ore, può capitare ogni tanto di fare una distanza simile, ma solo per simulare il tanto tempo che si passa in pista in una gara, quel genere di fatica complessiva. Abbiamo molto più lavoro specifico: medio, SFR, volate e generalmente i nostri lavori non superano i 3’… almeno su strada. Poi c’è tutta la parte in pista.

Dipende, ma è chiaro che nel mio programma non ci saranno sessioni da un’ora in salita. Solitamente più si è vicini alla gara e più si lavora in pista, altrimenti lavoro su strada quando sono a casa.

No, in realtà è una bici normale, anche perché su strada non si esprimono wattaggi allucinanti. Certi lavori come partenze da fermo si fanno su pista e lì ci sono le sollecitazioni maggiori.

Dei 30”-15”-30” rispettivamente a 800 watt, recupero, 800 watt. Oppure un minuto a 500 watt, volate da 20”… In tutto sto fuori un paio d’ore, due e mezza. Sostanzialmente su strada si lavora sulla resistenza, sul riuscire a fare più sprint ravvicinati. La velocità su pista infatti non è fare solo una volata. Si vince quando nell’arco del giorno, in pista devi fare 10 volate e la prima volata è uguale all’ultima.

Solitamente quando si fa palestra, si fa la doppia sessione, quindi palestra alla mattina e bici al pomeriggio. E’ una formula che quest’anno ho eseguito di più. Trasformare al pomeriggio il lavoro del mattino vuol dire molto. Prima era tutto più rallentato.

Principalmente ci sono due esercizi per le gambe: lo squat e gli stacchi… Poi ci sono tutte le varianti del caso: monopodalico, box squat, blocchi, velocità di esecuzione… Il numero delle ripetute e il carico varia in base al periodo. Quando si fa forza pura al massimo di fanno 4 ripetizioni, ma con grandi pesi. Si lavora anche sulla parte alta e sulla schiena.

Di certo siamo meno vincolati rispetto agli stradisti, una pizza ogni tanto ce la possiamo fare, ma un po’ attenti doppiamo esserlo.

A colazione mangio del porridge, delle uova sode, ma anche delle fette da biscottate e da bere una spremuta o dell’acqua. A pranzo, dominano i carboidrati: pasta o riso, carne o pesce bianco e delle verdure. Niente pane. A cena, la parte di carboidrati la prendo tramite le patate, ma è una razione di carbo più bassa. C’è poi la carne, ancora bianca o anche rossa o del salmone. Questo è un piano alimentare che attuo anche quando faccio la doppia sessione giornaliera.

Certo, molti lavori di forza, esplosivi, partenze da fermo. Su strada utilizzo un 52×11 e con le velocità che si sviluppano, vanno bene.

In realtà guardo molto i watt e meno le rpm, a meno che non si debbano fare dei lavori sulla frequenza e in quel caso di va dalle 95 alle 105 rpm.

Il rapporto viene scelto durante le prove e anche nei mesi prima. Ci sono delle giornate in cui si fanno delle prove gara. Si fanno un paio di giorni di scarico e si fa una simulazione della gara: riscaldamento, setup, “gara”. In questo modo impari a conoscerti e sai di cosa hai bisogno. Parlando del chilometro, a Monaco e a Parigi ho scelto il 59×14, agli europei U23 il 58×14.

Perché la pista era meno scorrevole, per questo dicevo che bisogna comunque fare delle prove di setup. A Cottbus, per esempio, pista all’aperto, dove l’aria non è così ferma come al chiuso e il fondo era su cemento ho usato il 56. Ne risente la velocità, ma non ne dovrebbe risentire la cadenza.

Sì, e riguarda la scelta delle gomme. Il tipo di tubolare e le sue misure.

La copertura dell’allenamento non deve così prestazionale, mentre quella da gara ha una mescola diversa che si consuma di più. Riguardo alle misure davanti si usa un 21 mm e dietro un 23 mm (questioni aerodinamiche).

Per il keirin utilizzo un manubrio tradizionale e la bici è paragonabile a quella di un pistard endurance della corsa a punti. Per il chilometro invece sono più allungato e più basso. Io devo fare al massimo tre giri, loro 150, va da sé che il concetto di comfort è ben diverso. Però neanche possiamo chiudere eccessivamente gli angoli. Da alcuni test fatti devono essere “gestibili” per la spinta e la respirazione.

© Chilometro 162 srl – P.I. 04522410408 – Via Soardi 5, 47921 – Rimini (RN) Realizzato da Sun-TIMES

Si chiama Settimana ed è la nostra speciale selezione di contenuti editoriali pubblicati su bici.PRO negli ultimi sette giorni. La riceverete puntualissima ogni lunedì direttamente nella vostra casella di posta elettronica.

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