L'agenda delle mostre da vedere a fine settembre 2022 in tutta Italia | Elle Decor

2022-10-22 20:56:44 By : Mr. Chen Andy

Pittura, scultura, video, installazioni e interventi site specific, ma anche disegno e opere su carta, fotografia e docu-film, open studio e progetti diffusi. I mille volti dell'arte contemporanea in 13 appuntamenti in gallerie, sedi museali e luoghi insoliti

L'agenda delle mostre di fine settembre ci accompagna in tutta Italia, tra gallerie, sedi museali e luoghi insoliti, per lasciarci conquistare dall'arte contemporanea che si svela nei suoi mille volti e linguaggi espressivi. Le esposizioni di questa settimana toccano l'ambito della pittura, rendendo omaggio uno degli esponenti di rilievo nel panorama dell'informale italiano; esplorando le diverse modalità del dipingere di tre giovani artisti che appartengono alla scena artistica emergente; o ancora trovano riferimenti nel mondo fiabesco, ricorrendo a un immaginario gotico-agrodolce che gioca sul registro del grottesco. Non mancano i progetti espositivi che vedono protagonisti il disegno, in versione bianco e nero oppure site specific e ancora opere su carta di un autore giapponese, che riflettono sulla fugacità del tempo. Gli appuntamenti del mese danno spazio alla scultura con un'artista che, attraverso i suoi lavori, punta l'attenzione sugli aspetti del ritmo, della ripetizione e della composizione, nonché della distorsione e riflessione visiva; un altro interprete emergente, invece, intende la pratica scultorea come un'astrazione sociale con radici profonde nelle sue origini sudafricane. Imperdibile, tra le proposte della settimana, è la mostra dedicata a un'artista, poetessa e performer nota con il suo pseudonimo maschile e per le sue opere che indagano il potere del linguaggio, l’espressività del corpo, l’identità della donna, il ruolo della memoria storica individuale e collettiva. Primo fra tutti il suo 'alfabeto', uno dei lavori più noti della stagione dell’arte femminista degli anni Settanta. E poi, ancora, le mostre di settembre si occupano di contenuti insoliti, come il progetto espositivo che delinea un mondo vicino al collasso o un rifugio per il futuro attraverso le opere di quattro artiste. Infine l'arte contemporanea è il fil rouge di eventi, anche in location insolite, tra interventi site specific, progetti diffusi, open studio e un docu-film che racconta la storia di una galleria e gli artisti che hanno contribuito a scriverla.

La personale di Marie Matusz, ospitata negli spazi milanesi dell'Istituto Svizzero, presenta un nucleo di nuove opere dell'artista, di origine francese che vive e lavora a Basilea e Berlino, la cui pratica artistica origina da una riflessione critica sulle forme e i loro significati intrinseci, per svilupparsi attraverso una profonda ricerca sulle teorie filosofiche, sociologiche e linguistiche. “Guarda alle cose da una prospettiva decisamente vincolata al presente, collegandole fra loro a volte secondo logiche stringenti, altre per libere associazioni, e lasciando sempre spazio a letture personali”, spiega la curatrice Gioia Dal Molin. Realizzati per l'esposizione "Fall", che per Matusz racchiude il duplice significato di stagione e caduta, i lavori dell'artista includono alcune sculture, un video e una grande installazione, delle dimensioni di una stanza, che si ispirano liberamente alla serie di poesie 'Mirlitonnades' di Samuel Beckett, delle rime a volte laconiche, a volte ironiche ma anche malinconiche, scritte dal poeta nel 1977 su pagine di calendari, margini di agende o tovaglioli. Marie Matusz prova interesse per il potenziale linguistico di queste rime veloci e allo stesso tempo è affascinata dai momenti di occultamento o straniamento che si celano dietro il termine ‘mirliton’. La parola, in francese, rimanda a rime semplici e piatte ma anche a uno strumento musicale, una tromba che ‘strania’ la voce umana per mezzo di un pezzo di carta teso. Attraverso "Fall", che apre con un insieme di vetrine in cui sono collocati vari oggetti, come la dentatura di uno squalo o l'intreccio rizomatoso di una Victoria Amazonica, pianta proveniente dal giardino botanico di Basilea, l’artista riflette “sugli aspetti del ritmo, della ripetizione e della composizione, nonché della distorsione o, come dice l'artista della ‘maschera visuale’. Quale spettatrice, mi trovo in un labirinto aperto di plexiglass semitrasparente, in cui mi rispecchio tanto quanto gli oggetti e le sculture esposte”, scrive ancora la curatrice nel suo testo critico. Fino al 19 novembre.

La mostra che ha inaugurato negli spazi di Gió Marconi è dedicata ad André Butzer, alla sua sesta personale con la galleria. L'esposizione si concentra su un aspetto specifico e rilevante della pratica di Butzer, mostrando una serie di opere su carta che l'artista tedesco ha realizzato insieme ai suoi dipinti. Undici disegni in bianco e nero su larga scala, prodotti a partire dal 2008, sono mostrati per la prima volta insieme con le più recenti opere figurative e astratte su carta. In concomitanza con il progetto espositivo viene pubblicato "André Butzer – Alcune poesie", che raccoglie una selezione di poesie che l'artista ha scritto tra il 1999 e il 2021. Fino al 20 dicembre.

Martina Cassatella, Roberto de Pinto e Emilio Gola sono i protagonisti della collettiva, a cura di Antonio Grulli, presentata da ArtNoble Gallery, incentrata, come recita il titolo, su tre modi di dire la stessa cosa, ovvero pittura. Usciti dall’Accademia di Brera i tre giovani pittori, espressione della scena artistica emergente, si caratterizzano per la modalità differente di dipingere, accomunati, però, dallo stesso comune spirito. La pittura di Martina Cassatella è fatta di mani, luce e capelli, che l'artista declina e ricombina diversamente in ognuno dei suoi quadri. Attraverso quei tre elementi è possibile esplorare come la pittura riesca a farsi forma plastica, il colore diventi un nucleo di luce, e come la linea astratta possa creare intense figure fantasmatiche, spiega il curatore. Le tele di Roberto de Pinto sono popolate da corpi provenienti dal mediterraneo profondo e rappresentano alter-ego del pittore, oziosi, immersi nell’acqua o all’ombra della vegetazione. Mentre le tecniche utilizzate, l’encausto e i pastelli, “si fanno erotica della pelle, delle abbronzature, delle ombre sui corpi”, scrive Grulli nel testo che accompagna la mostra. Infine, per Emilio Gola la pittura è punto, linea e superficie. I corpi degli amici definiscono, nella loro rappresentazione sulle tele, delle costellazioni in continua riformulazione. I motivi pittorici ricorrenti sono resi con texture realizzate attraverso l’utilizzo di strumenti estranei alla pittura, a cui si aggiungono linee cariche di energia cinetica che esprimono le dinamiche corporee e superfici pittoriche con cui si si esaltano le linee e i punti delle texture, commenta ancora il curatore. Fino al 24 novembre.

La mostra che ha aperto alla galleria Francesca Minini racconta un mondo vicino al collasso o un rifugio per il futuro attraverso le opere di quattro artiste, Ivana Bašić, Benni Bosetto, Ambra Castagnetti e Fin Simonetti. Tutto parte da un'idea che ha dell'inverosimile: una pila atomica sprofondata centinaia di chilometri sotto terra per cause sconosciute. "Second best scenario" si interroga su quali potrebbero essere le conseguenze ipotizzando un potente generatore, che muove gli equilibri del mondo, sepolto nel mezzo della galleria e gli artisti che, immuni alle radiazioni, se ne devono occupare. A loro è affidato il ruolo specifico di vestali di questa divinità radioattiva che deve essere nutrita, ha bisogno di attenzioni e cure per restituire energia. Quello che si delinea, attraverso il progetto espositivo, è un paesaggio artificiale costituito da un salone di bellezza futuribile, un gruppo di organismi ibridi che emerge dalle pareti, finestre gotiche con volti appena visibili e creature extra-terrestri dai poteri disumani. La pila atomica, metafora della fantasia e del desiderio di dare forma, ha ogni giorno necessità di una costante attenzione e alimentazione e le opere in mostra definiscono le reazioni a tale bisogno. L'esposizione finisce per essere un mondo in cui realtà, finzione e futuro, passato e presente si fondono per dare vita a una storia dalle trame infinite. Nel progetto espositivo, che trae espirazione dal romanzo post-esotico 'Terminus radioso' di Antoine Volodine, si chiede alle artiste, vicine per sensibilità artistica, di descrivere non solo un mondo che possa diventare rifugio ma anche stimolo per immaginare quello che è oltre i nostri occhi. Fino al 5 novembre.

La galleria Eduardo Secci dedica una personale all'artista emergente sudafricano Chris Soal, allestita negli spazi espositivi milanesi di Via Olmetto. Il suo lavoro, inteso come un'astrazione sociale con radici profonde nelle proprie origini, si esprime attraverso la pratica scultorea. Con l'intenzione di definire una dichiarazione poetica servendosi del più semplice dei modi, Soal coinvolge la consapevolezza e la percezione spaziale dell’osservatore sfidando le assunzioni di valore della società. Mentre l'uso di oggetti di scarto e quotidiani, come stuzzicadenti e tappi di bottiglia, insieme a cemento, rinforzi per la costruzione, cavi per recinzioni elettriche e altri materiali industriali, inducono l'artista a sviluppare intuitivamente ciò che è familiare fino al punto di renderlo misterioso. In questa prima personale in Italia, che riunisce nuovi e inediti lavori, Soal si interroga sull’eredità dell’Arte Povera e sulle affinità che sente con artisti come Alberto Burri e Giuseppe Uncini, il precursore del movimento, proponendo, nelle opere esposte, temi ricorrenti come il residuo, la fessura, la crepa, la lacerazione, il taglio, la bruciatura, la fuoriuscita e la spaccatura. Non solo, i suoi lavori traducono la sua relazione profonda con la materia. Così tappi di bottiglie di birra recuperati, infilati nei cavi elettrici per recinzioni, determinano, nella loro spirale e torsione naturale, le forme del suo lavoro, con rimandi di carattere socio-politico. I tappi di bottiglia trovati nelle strade di Johannesburg, infatti, evocano chiaramente un certo atteggiamento sulla società del consumo e sugli eccessi della produzione di massa stimolando l'osservatore a una riflessione critica. "Remains to be seen" riporta l'attenzione sulle problematiche ecologiche, evidenziando attraverso le opere esposte il rapporto paradossale che l'umanità ha con la natura, allo stesso tempo di dipendenza e dominio. Fino all'11 novembre.

Il tema della fugacità del tempo è al centro della mostra dedicata a Hiroyuki Masuyama che Studio La città apre il 24 settembre nei suoi spazi espositivi. L'artista giapponese presenta una selezione di lavori inediti realizzati con una particolare tecnica a intaglio, sette opere create su strati tagliati e sovrapposti di carta da lucido e 5 C-print a colori, dove la natura, i cui cambiamenti sono legati al destino del mondo di cui l'uomo rappresenta solo una piccola parte, è protagonista. In questa serie, la tematica del 'tempus fugit", propria della ricerca artistica di Masuyama, è, infatti, reinterpretata scegliendo il soggetto dei fiori, emblematici per la caducità che caratterizza la loro natura. L'artista rappresenta giorno dopo giorno sulla carta da lucido le ombre di magnolie, dalie, tulipani, peonie e gigli, poi le ritaglia e le posiziona componendo una sequenza cronologica che ne documenta il ciclo vitale, fino al loro completo appassimento. Lo stesso concetto è ripreso anche nelle fotografie floreali. Qui Masuyama, sovrapponendo i livelli di differenti scatti a colori, realizza un’immagine dai contorni volutamente sfocati, ottenendo come un timelapse di fotogrammi che ritraggono dal nascere allo sfiorire della pianta. Se la compressione del tempo nello spazio è il fil rouge della la produzione artistica di Masuyama sin dalla fine degli anni ‘90, quando con il montaggio di centinaia di scatti fotografici condensava lo scorrere delle stagioni, le fasi della vita umana o le tappe di un viaggio all’interno delle sue note lightbox, in questo gruppo di lavori sono dei soggetti semplificati a rappresentare il cambiamento. Non più paesaggi ricchi di dettagli, ma 'ombre' di fiori allo scopo di renderne più vividi i cambiamenti. Fino al 29 ottobre.

Riferimenti al mondo fiabesco, a personaggi che fluttuano nell'aria, ad acrobati e streghe dalle mani affusolate e con lunghe unghie. È questo lo scenario artistico del lavoro di Danilo Stojanović, al centro della sua prima personale presentata nei spazi della galleria CAR DRDE. In mostra ci sono una serie di lavori inediti dove “la narrazione che affiora la superficie degli abissi che ritrae è simile a un sortilegio o a un'antica leggenda”, scrive Laura Rositani nel testo che accompagna il progetto espositivo. I dipinti si caratterizzano per i colori che virano dal blu al verde per assumere volumi così profondi e intensi da volerli sfiorare, oppure accennano, a volte, al rosso. Il titolo dell'esposizione"Midnight blossom" fa riferimento a un fiore particolare, il cereus notturno, un cactus originario dell’Arizona, chiamato anche 'Queen of the Night' e 'Princess of the Night' ,che apre i suoi fiori intorno a mezzanotte per poi chiudersi ed appassire il mattino seguente. Una fioritura coerente con “l'immaginario gotico-agrodolce di Stojanović che gioca sul registro del grottesco”, commenta Rositani. Fino al 12 novembre.

Tre interventi site specific, realizzati in sedi museali per l’arte contemporanea, e una personale ospitata in una storica galleria. È in sintesi il progetto espositivo "Altana" di Stefano Arienti, tra i principali artisti della scena artistica italiana degli anni Novanta, curato da Fabio Cavallucci. Alla Galleria Nazionale, Arienti presenta 'Viste', una serie di disegni concepiti come tende per le grandi finestre, visibili in controluce, che rappresentano delle vedute di paesaggi osservati dal monte Titano dominante sulla piccola repubblica. Nelle antiche Cisterne del Palazzo Pubblico, fino agli anni Sessanta fonte principale di approvvigionamento d’acqua per San Marino, l'artista crea 'Gocce', un'installazione che gioca sugli effetti di luccicanza del vetro, ottenendo una sagoma d’Europa dall'accostamento di contenitori di forme e riflessi diversi. Nell‘Ex Galleria Ferroviaria Il Montale, celebre per avere ospitato durante la seconda guerra mondiale migliaia di rifugiati per salvarsi dai bombardamenti alla luce della neutralità del governo sanmarinese, Arienti costruisce 'Castello', una struttura di pietre e libri resi coesi da miele e strutto. Nel cuore della terra, in un anfratto da cui si apre un corridoio che spinge lo sguardo verso l’esterno, sul paesaggio, la struttura è una sorta di omaggio a Joseph Beuys e raccoglie gli elementi fondamentali di cui il mondo è costituito: il pensiero e la materia. Quindi, alla Claudio Poleschi Arte Contemporanea, l'artista presenta nella personale diverse opere che ripercorrono gran parte del suo percorso artistico. Dai lavori più recenti, come le immagini stampate su microciniglia o i paesaggi riprodotti su carta poi stropicciata per ottenere una materica tridimensionalità, dalle immagini perforate e mostrate solo dal retro a quelle, di ultima invenzione, con coaguli di gocce che filtrano vedute fotografiche, fino ai più vecchi, come gli storici poster di celebri dipinti, ritoccati con plastilina, e divenuti un tratto distintivo della sua pratica artistica. I lavori di Arienti non occupano sole le sale espositive, ma anche gli uffici e i magazzini ponendosi in dialogo con le altre opere della collezione della galleria. Il progetto, costituito da azioni diverse, concepite in modo accurato che reinterpretano tecniche e metodi sviluppati da Arienti nel corso della sua carriera, focalizzano l'interesse dell'artista sull’intervento negli spazi pubblici e nei musei. Stefano Arienti pensa San Marino come l’”altana d’Europa”, da cui la vista del mondo che cambia si allarga, per collocare le vicende della cronaca nella dimensione ampia della storia umana. Il progetto espositivo è dedicato a Claudio Poleschi, mancato recentemente, che lo ha fortemente voluto. Fino al 31 gennaio 2023.

La mostra monografica che ha aperto al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci è dedicata a Massimo Bartolini. Caratterizza il progetto espositivo, a cura di Luca Cerizza con Elena Magini, una nuova grande installazione dell'artista concepita espressamente per gli spazi del museo come una spina dorsale che funge da guida alla scoperta delle sue opere, realizzate in momenti diversi della carriera. Non come una retrospettiva né secondo un'organizzazione cronologica o tematica, il percorso si snoda piuttosto come un itinerario che propone incontri svelando sorprese. L'esposizione fa riferimento nel titolo a una nota pièce del teatro Noh giapponese e corrisponde anche al lavoro omonimo del 1989, quello che Bartolini considera la sua prima opera matura: all’interno del suo vecchio studio, su un palco illuminato, un musicista improvvisa una musica per sassofono che provoca la reazione di una danzatrice spinta a muoversi dentro un parallelepipedo su ruote, dalle sembianze di una minuscola unità abitativa. La performance racchiude già quelli che saranno alcuni dei temi della ricerca artistica di Bartolini ancora oggi sviluppati: la dimensione narrativa; il rapporto con l'architettura e lo spazio; la relazione con il contesto teatrale e performativo, anche attraverso l’uso del suono e della musica; la definizione all’interno dell’opera di rapporti tra opposti all'apparenza inconciliabili. Fino all'8 gennaio 2023.

Galleria Frittelli arte contemporanea ospita una selezione delle opere di Tomaso Binga, ovvero dell'artista, poetessa performer Bianca Pucciarelli Menna, che utilizza tale pseudonimo in modo provocatorio per svelare il privilegio maschile anche in campo artistico. Nella mostra, a cura di Raffaella Perna, sono presentati per la prima volta lavori che fanno capo alle serie recenti, 'Alfabeto poetico monumentale','Alpha Symbol' e 'ArteNatura', accanto a una selezione di opere degli anni Settanta, quali le sculture in polistirolo 'Piedi' e 'Congiunte separate', la foto-performance 'A me' e l’alfabeto 'Esse sono'. Fulcro del progetto espositivo è 'Alfabetico poetico monumentale' del 2019 che si lega alla serie precedente dell’'Alfabetiere murale(1976)', un'opera oggi tra le più note della stagione dell’arte femminista degli anni Settanta realizzata da Tomaso Binga con l’aiuto dell’amica, artista e fotografa Verita Monselles: 26 immagini che ritraggono Binga mentre il suo corpo si modellava nella forma delle lettere dell’alfabeto. Nella relazione tra ieri e la stagione recente, emergono comunque quelli che sono i temi cari all’artista: il potere del linguaggio, l’espressività del corpo, l’identità della donna, il ruolo della memoria storica individuale e collettiva. La nuova interpretazione sono parole e frasi costituite da lettere modellate col corpo di Tomaso Binga, riprodotte alla sua altezza naturale di 160 cm, dove la grandiosità di questi 'segni-scultura' si contrappone alla fragilità del polistirolo, il materiale di scarto scelto come supporto e riscattato dall'artista, plasmandolo secondo una corporeità vissuta ed esibita con ironia che evidenzia “l’imperfetto, l’errore, il fuori-posto”. Nella nuova serie 'Alpha Symbol' e nel ciclo 'ArteNatura, derivati dall'opera 'Dattilocodice' del 1978, lettere e segni grafici compongono tavole ottico-visuali che richiamano le sperimentazioni modulari dell’arte cinetica e della Optical Art, conservano però uno stretto legame con l’universo linguistico cui appartengono ed esplorano il carattere iconico della scrittura, ponendo accento sulle qualità visive della parola, che si fa anzitutto immagine. Fino al 19 novembre.

Il 24 settembre Galleria Continua ha in serbo un appuntamento speciale: la proiezione, nella sua sede storica del cinema teatro di San Gimignano, di “Galleria Continua the Ability to Dream”, il documentario prodotto e realizzato da Sky Arte e TIWI che racconta la storia della galleria, il cui nome esplicita l'intento di sublimare il legame tra passato, presente e futuro. Oltre trent'anni di attività rivivono attraverso le immagini, i ricordi e le voci di alcuni degli artisti e dei protagonisti di questo importante percorso iniziato nel 1990 quando tre amici, Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo, hanno fondato Continua, per diffondere l'arte contemporanea a San Gimignano, un contesto rurale e distante dalle metropoli e dai centri della cultura più rilevanti, arrivando fino ad oggi con la galleria che comprende 8 sedi in 5 continenti. “Raccontare la storia di Galleria Continua, una delle più influenti gallerie d'arte contemporanea internazionali, è stato per molti versi come raccontare la storia di un gruppo rock o l'epopea di una grande squadra sportiva: l’attitudine al rischio, il coraggio, i colpi di genio e la simpatia dei fondatori hanno reso Continua unica nel suo genere, un esempio di visione, duro lavoro e passione assoluta, che le ha consentito di diventare negli anni promotrice e punto di riferimento per molti tra gli artisti tra i più importanti al mondo”, ha detto Dino Vannini, head of documentary and factual channels di Sky. Ma la visione del film non è l'unico evento in programma, Galleria Continua inaugura anche una mostra collettiva, "The Ability to Dream", che vuole rendere omaggio a tutti gli artisti che hanno collaborato in questi anni, dagli storici a quelli che si sono affiancati in tempi recenti, segnando il percorso della galleria-punto di incontro per chiunque attraverso l'arte. 66 artisti espongono i loro lavori componendo un viaggio fatto, così come il documentario, di storie e racconti da tutto il mondo. Fino al 30 ottobre.

A Giuseppe Capogrossi, uno dei padri della pittura informale e dell'arte italiana del Novecento, è dedicata la mostra, a cura di Francesca Romana Morelli, che ha aperto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e che riporta l'opera dell'artista a Roma dopo venti anni. Il progetto espositivo presenta oltre trenta dipinti e una ventina di opere su carta provenienti dalle collezioni della Galleria Nazionale, sede del più cospicuo corpo di lavori dell’artista, dalla Fondazione Archivio Capogrossi e da collezioni private. L'esposizione è concepita come un excursus, nel quale la prima stagione pittorica dell’artista, culminata nel periodo tonale, è posta in stretto dialogo con la fase successiva, in cui le opere funzionano come le tessere di un puzzle. “Una volta incastrate tra di loro, senza seguire un ordine cronologico, ma piuttosto assonanze nella struttura compositiva, rendono visibile l'autentica fisionomia saturnina dell'artista che, fin dagli anni trenta, filtra la sua pittura con una logica e un rigore mentale mostrando di essere sempre in ascolto di se stesso e in costante osservazione del mondo esterno, rimanendo fuori da rotte consolidate”, spiega nel dettaglio la curatrice. Documenti d’archivio, che includono ritratti fotografici di Capogrossi con personaggi autorevoli dell’epoca, cataloghi di mostre, riviste, lettere e articoli di giornale, completano "Dietro le Quinte", facendo riscoprire le relazioni intrecciate dall'artista. Nella ricorrenza dei cinquanta anni dalla morte di Capogrossi, la mostra si inserisce nel più ampio progetto"Capogrossi. Il segno nei musei e nelle istituzioni italiane" che prevede diverse iniziative nell'immediato futuro. Fino al 30 ottobre.

Ha preso il via la prima edizione di Romadiffusa, il festival culturale itinerante che vuole “ribaltare la narrazione della capitale”, raccontando la Roma contemporanea e multiculturale nascosta, dando voce ai suoi quartieri e ai rispettivi abitanti attivati grazie a eventi originali pensati per i luoghi più inediti e particolari, pubblici e privati. A ideare e realizzare la manifestazione ci ha pensato BLA Studio, agenzia creativa tutta al femminile, che ha puntato i riflettori su Trastevere Ripa aprendo al pubblico gallerie d’arte e studi privati, cortili nascosti, decine di botteghe artigiane, officine e animando, con musica e performance itineranti, vicoli e piazze del quartiere. I contenuti proposti, che incrociano discipline diverse, spaziano dalle arti visive alla letteratura, dal teatro e dalla danza alla musica, dai workshop di artigianato allo yoga e al cibo, nel claim “Roma città odierna” con cui il festival dichiara apertamente l'intento di modificare il modo in cui viene percepita la capitale. “Da troppo tempo, infatti, la percezione di Roma è relegata al concetto di 'museo a cielo aperto' e a una retorica decadente che non tiene conto dei suoi aspetti contemporanei e vibranti. Con il festival, creiamo un ponte tra creativi, realtà innovative, artisti e musicisti contemporanei e luoghi storici, a partire dalle osterie, passando per il teatro, le chiese, i laboratori degli artigiani”, spiegano le ideatrici di Romadiffusa. Fino al 25 settembre il programma prevede tantissimi eventi, dagli open studio che includono, in particolare, l'apertura per la prima volta al pubblico dell'atelier del futurista Guido Strazza, alla vigilia dei suoi cento anni, alla visita a decine di spazi, tra gallerie, botteghe artigiane e cortili privati, con la proposta accattivante di laboratori e workshop, per apprendere la doratura, l'arte della ceramica, il riuso di materiali, o ancora di pittura, incisione e stampa. Tra gli appuntamenti nel segno dell'arte spicca una mostra diffusa, promossa da pArt nel rione, che invita a conoscere le opere dell’artista newyorkese Charlie Masson esposte, però, in luoghi inaspettati, tra cui un'antica carrozzeria, uno storico biscottificio e un’osteria; la prima personale in Italia dell’artista lituana Gabrielė Adomaitytė all’interno della galleria T293; l'apertura di Diorama Gallery, una delle gallerie più sorprendenti ed eclettiche di Roma o ancora l’apertura del magico cortile di Santa Maria in Cappella con il collettivo Sincasa, gruppo di giovani artisti, musicisti e sommelier turchi, o l’esibizione del progetto sperimentale Mai Mai Mai, con una performance audio-visiva tra sonorità mediterranee e avant garde etnica nella celebre chiesa sconsacrata Sant’Andrea De Scaphis. Non mancheranno eventi originali come proiezioni e musica dal vivo nel retro di un forno, reading nei ristoranti, concerti segreti in garage, dj set sui tetti, degustazioni di vini in un antiquario, matinée e spaghettate notturne in teatro, stand up comedy nei bar, gospel in un ex cinema. Un tour fotografico guidato negli angoli più 'fotogenici' del quartiere, a cura di Enrica Panà, e l’iniziativa 'Slow panchine', sulla fruizione delle panchine in città come luogo di aggregazione, consentiranno di riscoprire lo spazio urbano. Romadiffusa parte da Trastevere Ripa, ma intende conquistare tutti gli altri quartieri, iniziando dalle prossime tappe di Tor Pignattara, Esquilino, Centocelle e Testaccio.